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La battaglia per un mondo multipolare ed il ruolo dell’Iran

di Stefano Zecchinelli

L’incomprensione della natura sociale e geopolitica della Rivoluzione iraniana del 1979 ha condizionato negativamente la prassi politica della sinistra di classe occidentale. Mentre la sinistra eurocentrica considerava l’Iran un regime teocratico, col passare degli anni gli anticolonialisti panarabi hanno instaurato un rapporto dialettico con la Repubblica Islamica dell’Iran, da questo punto di vista l’alleanza Islam sciita/marxisti-leninisti panarabi deve essere comparata col sostegno di Cuba alle guerriglie – marxiste-leniniste (maoiste) e nazionaliste – sudamericane.

Le due rivoluzioni, cubana (1959) ed iraniana, per decenni si sono ignorate, guardandosi con una apparente ostilità. Cuba ha sfidato la Dottrina Monroe, facendo saltare l’egemonia statunitense in America Latina; negli stessi termini Fidel Castro ha messo fine alle scorribande razziste in Sudafrica. I militari cubani si sono schierati in difesa dei movimenti anti-apartheid, cestinando l’ideologia padronale della neo-aristocrazia londinese, anacronistica proiezione del vecchio colonialismo nel ventesimo secolo. Certamente ci sono differenze culturali che rendono difficile il dialogo: la società cubana è sessualmente ultrapermissiva, aperta e senza tabù, mentre quella iraniana è (ingiustamente) estremamente repressiva.

Manifesto del Fronte popolare di liberazione della Palestina (FPLP) in sostegno dell’Iran

L’Imam Khomeini, deposto lo Scià Reza Pahlevi, entrò in rotta di collisione con l’imperialismo israeliano e la Dottrina Sionista sullo Stato etnicamente omogeneo. Il giornalista Thierry Meyssan ci informa che: I legami tra Sudafrica e Israele sono stati ampiamente documentati. I due Stati hanno la stessa origine: l’Africa meridionale fu organizzata dall’imperatore dei diamanti Cecil Rhodes − il teorico del cosiddetto “imperialismo germanico“ − mentre Israele fu concepito da un discepolo di Rhodes, Theodor Herzl, che seguì in tutto e per tutto il modello rhodesiano. Nel 2002 la regina Elisabetta censurò la pubblicazione della corrispondenza tra Rhodes e Herzl, della quale si conosce solo la lettera pubblicata dal secondo in una delle sue opere”. Gli attivisti europei pensano che la Rivolta islamico-sciita rientri nelle rivoluzioni teocentriche e tradizionaliste; il loro approccio – volenti o nolenti – rimane all’interno della logica anglosassone. Il teorico Alì Shariati, traduttore in persiano delle opere di Frantz Fanon ed Ernesto Guevara, sistematizzò un originale marxismo islamico incuriosendo l’ala anti-dogmatica del Partito comunista cubano; fu lui la vera guida spirituale del proletariato persiano. Dobbiamo dedurre che la dialettica interna al bastione musulmano vede diverse fazioni – alcune rivoluzionarie ed altre ‘’nere’’ – contendersi il potere.

Qual era la visione di Khomeini? Cediamo la parola all’economista etiope Mohamed Hassan (sottolineatura mia): “Per Khomeini il potere deve ritornare ai popoli del terzo mondo, oppressi dall’imperialismo. Voleva creare un fronte unito dei popoli e sostenne, ad esempio, i sandinisti in Nicaragua. In questo modo, l’Iran è passato da Stato neocoloniale a Stato indipendente. La prima misura del governo è stata di nazionalizzare il petrolio proprio come aveva fatto Mossadegh. Ha sostenuto la necessità di un parlamento e di un controllo su di esso in base alla religione e all’indipendenza nazionale: la Guida Suprema”. Il khomeinismo è una ideologia terzista: si oppone tanto all’imperialismo occidentale sostenendo la (nobile) causa dell’emancipazione nazionale (Cuba, Irlanda, Nicaragua e Palestina), quanto al socialismo in nome d’una concezione bigotta dei rapporti sociali. La Guida Suprema ha il compito di mantenere un certo equilibro fra la borghesia del bazar ed i laici come l’ex presidente Ahmadinejad. Durante la guerra imposta (1980-’88) contro l’Iraq di Saddam, i Devoti della Causa salvarono la nazione dalla catastrofe; i chierici, contrariamente, gettarono via il turbante abbandonando il campo di battaglia. La via islamica (sciita) al conflitto di classe.

Iran: un contrappeso all’imperialismo globale

Caduta l’Urss, gli USA credevano di poter conquistare il mondo, l’Iran in questo contesto è un muro contro Washington, Londra e Tel Aviv. In un recente convegno, tenutosi all’Università di Teheran, lo storico Diego Siragusa (proveniente dal PCI) ha analizzato la geopolitica imperialista concordando con gli altri relatori di formazione tradizionalistaLeggiamo alcuni stralci d’una sua recente intervista curata da chi scrive (sottolineatura mia):

Iran, luci e ombre

‘’Gli USA pensavano di avere ormai l’egemonia planetaria e che il problema principale era assoggettare gli ultimi stati ribelli: Iran, Libia, Cuba, Venezuela, Siria, Corea del nord cc.. Con l’avvento di Putin alla guida della Russia, e dopo la gestione liquidatoria dell’URSS fatta da Eltsin, i rapporti di forza mutarono. Putin comprese che l’estensione a est della NATO, nonostante la scomparsa dell’antagonista, il Patto di Varsavia, rivelava in modo esplicito i progetti egemonici degli USA. La risposta a questa minaccia fu il “Patto di Shangai”, chiamato in seguito Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai fondato il 14 giugno 2001 dai capi di Stato di sei Paesi: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Dopo alcuni anni di attesa, l’Iran è pronto a entrare in questa organizzazione che dovrebbe includere anche la Siria, già alleata della Russia. Qui inizia, a mio parere, la crisi dell’egemonia USA e la prova suprema è il fallimento della sovversione della Siria, dopo il successo del rovesciamento dell’Iraq e della Libia con l’uccisione di Gheddafi. Il progetto di ridisegnare la mappa del Medioriente era stato concordato con Israele, come implicitamente confermano le email di Illary Clinton. Putin, con l’aiuto dell’Iran e delle milizie di Hetzbollah, ha fatto fallire quel progetto per il quale sono stati mobilitati i terroristi takfiri addestrati e finanziati dagli USA, da Israele, dalla Turchia, dall’Inghilterra, dall’Arabia Saudita dal Qatar e dagli Emirati Arabi. Una coalizione criminale resasi colpevole di una guerra per procura che ha ulteriormente sconvolto il Medioriente e causato un oceano di sangue e migrazioni di massa verso l’Europa. Tutto questo ha diffuso un processo di denuncia che ha interessato la società civile ovunque nel mondo. Ritengo importante rammentare il ruolo svolto da Julian Assange e da Wiki Leaks che hanno pubblicato i documenti segreti dell’Amministrazione americana e i documenti che provano i complotti criminali mediante i quali pretendono di governare il mondo ’’ .

La contrapposizione fra sciiti e sunniti, comunemente intesa come fitna, riguarda due differenti modelli sociali; lo sciismo contempla l’abolizione dello sfruttamento classista, di contro i sunniti hanno chinato il capo al neo-califfato dei Fratelli Musulmani (FM). Il mondo sunnita ha perso il rispetto della sinistra di classe, i marxisti-leninisti panarabi sono durissimi con Hamas; che cosa contestano all’(ex) ala palestinese dei FM? Semplice, il riconoscimento della colonizzazione israeliana antecedente al 1967. La fitna del ventunesimo secolo tiene insieme dottrina e questione nazionale, una novità storica per delle società dinamiche, ricche culturalmente, ma aliene (o quasi) alla laicità ed all’ateismo.

Continua il professor Siragusa: ‘’Se le basi della rivoluzione furono costruite da forze politiche laiche, e tra queste il TUDEH, il partito comunista iraniano, un ruolo egemonico svolsero i religiosi che sbandierarono come collante sociale e rivoluzionario, l’islam sciita e la sua guida spirituale: l’ayatollah Khomeini. Qualcuno in Italia, a sinistra, scrisse: “La rivoluzione contro il Capitale”, ovvero il Capitale di Marx. Si intendeva dire in questo modo che si trattava di una rivoluzione anomala, diversa da quelle occidentali o sudamericane. Fu rovesciata una spietata monarchia e fu inferto un duro colpo all’imperialismo nordamericano che, da allora, non ha abbandonato i suoi progetti di rivincita. I problemi gravi vennero a galla dopo, con l’imposizione del velo alle donne e di concezioni religiose anacronistiche e oscurantiste, la messa fuori legge di alcuni partiti di sinistra, come il TUDEH, l’arresto, il processo e l’uccisione di molti avversari politici del Partito della Repubblica Islamica che aveva vinto le elezioni ed era diventato partito di potere a tutti gli effetti. In Italia, la rivoluzione iraniana fu osannata ma poi venne il gelo. Ricordo il fanatismo con cui un personaggio pittoresco, un sanculotto sciita, come l’ayatollah Khalkhali dirigeva i tribunali del popolo e mandava all’impiccagione gli oppositori. Tutto questo ha inferto un danno mortale alla rivoluzione iraniana che ogni persona democratica e di sinistra non può tollerare. Un regime teocratico, con un capo che si chiama Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, a cui si aggiunge un altro ayatollah eletto nel ruolo di presidente, Rouhani , non può attrarre la simpatia della sinistra. Ovunque essa sia’’. Ciononostante conclude (sottolineatura mia): ‘’Sbaglia la sinistra a non capire o a sottovalutare il ruolo che in questo momento ha l’Iran contro gli USA, contro Israele e il sionismo e a sostegno della causa palestinese e dei popoli oppressi.  Non voglio ampliare ma nemmeno sminuire la mia soddisfazione vedendo le strade di Tehran dedicate a Nelson Mandela e al combattente irlandese Bobby Sands’’. Dall’anticomunismo di Stato all’antimperialismo radicale, l’Iran ha (tante) luci ed ombre.

Il popolo iraniano è deciso, non abdicherà ai suoi doveri; nel ’79 rovesciò la dittatura filo-USA di Reza Pahlevi e, da quasi quarant’anni, resiste alle minacce dell’imperialismo occidentale. Le milizie sciite hanno permesso alla Federazione russa di sconfiggere il terrorismo wahabita dell’ISIS, finanziato dall’Arabia Saudita ed armato dal complesso militar-industriale ‘’yankee’’. Insomma, Teheran è un alleato tattico nella transizione – progressista – ad un mondo multipolare. La sinistra di classe ha il dovere politico di prendere atto, prima che sia troppo tardi.

Scritto da Redazione

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