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Il crac non è più soltanto un problema della Grecia

 

Per giornali di ieri, anche per i più «progressisti», il ministro greco Varoufakis ha passato il segno. Con quanta benevolenza  scrive uno di questi  i suoi colleghi «hanno cercato di fargli capire in questi mesi che l’Eurogruppo non è una sala da convegno o un palco da comizio». E invece lui, testardo, «dilettante», «avventuriero», persiste nel non volere scendere sul terreno delle cose concrete e sta facendo perdere la pazienza a tutti.

C’è solo da sperare  aggiunge un altro giornale progressista che Tsipras si liberi di questo incomodo per trattare lui stesso con l’eurogruppo. Sembrerebbe quasi che l’Europa non desideri altro che aiutare la Grecia senza contropartite, se solo le venisse chiesto con buona educazione! Si può essere più ipocriti di così? Di che cosa si sta parlando? Ma davvero la questione sono le buone maniere di Varoufakis?

Cinque anni fa la Grecia era sull’orlo dell’insolvenza. Dopo molte discussioni furono decisi dei prestiti internazionali in contropartita dei quali la Grecia varò un piano finanziario di risanamento dei conti pubblici, dettato dall’Unione Europea, la BCE ed il Fondo Monetario e sorvegliato nella sua esecuzione dalla cosiddetta troika. Quel piano è fallito. Non perché la Grecia si sia sottratta agli obblighi contratti: il precedente Governo ha fatto più o meno tutto quello che gli era stato richiesto. In conseguenza di quelle misure troppo severe e concentrate nel tempo, è crollata l’economia greca: è quanto emerge dai documenti tecnici della Commissione, a cui peraltro i media europei non danno il minimo risalto.

Delle conseguenze sociali ed umane di questa catastrofe alla troika, all’Unione Europea, al Fondo Monetario non importava e non importa nulla: con cinismo essi dicono che è colpa dei greci se si trovano in questa situazione! Il problema è che, in conseguenza del crollo del reddito, il rapporto tra il debito e il reddito, invece di scendere, è cresciuto dal 130 al 180%. Evidentemente all’Europa e agli altri era sfuggito questo particolare ed è con questo che ora si debbono fare i conti. Oggi la Grecia è di nuovo insolvente, anzi lo è di più di prima.

A questo punto il problema non è più della Grecia, ma dei suoi creditori. Sono loro a dover scegliere se fare nuovi crediti alla Grecia con i quali essa potrebbe pagare le rate dei debiti che vengono a maturazione, oppure prendere atto che la Grecia non è in grado di pagare e, forse, costringerla a uscire dall’Unione Monetaria e tornare alla dracma. Per la Grecia  l’ho già scritto  la soluzione migliore sarebbe questa. Ma non dipende da lei. Dipende dal resto dell’Europa.

E l’Europa è divisa, e soprattutto è divisa al suo interno la Germania. È evidente il dissenso fra la cancelliera e il ministro Schauble che vorrebbe liberarsi della Grecia ed ispira i suoi pavidi colleghi dell’eurogruppo ad attaccare Varoufakis. La signora Merkel sa che per l’Europa, e per la Germania che ne è il leader, la rottura dell’euro sarebbe una sconfitta. Inoltre, avendo più senso politico del suo ministro delle finanze, intuisce che, uscito un paese dell’euro, la speculazione internazionale, sentendo odore’di sangue, potrebbe appuntare la sua attenzione su qualche altro paese. Comincerebbe cosi il iineltdown dell’euro.

Gli altri, i falchi, pensano invece che l’uscita della Grecia sarebbe un passo in avanti. Intanto sarebbe una lezione per tutti. Essi inoltre approfitterebbero del momento per imporre un piano che sarebbe già pronto  ne accenna la Repubblica di ieri e lo ha detto in conversazioni private uno dei ministri dell’Economia dell’eurogruppo  di ulteriore rafforzamento della sorveglianza europea sui bilanci. Il tutto presentato come un passo verso l’unione politica dell’Europa.

Per rinviare una scelta politicamente difficile, l’Europa vorrebbe poter dire che ha ottenuto dalla Grecia tali nuovi impegni da giustificare un’estensione dei crediti. Tutti vorrebbero vendere alla propria opinione pubblica la storiella che la Grecia li sta implorando di essere salvata ed è pronta a nuovi sacrifici.

Vorrebbero raccontare che essi estendono i crediti in cambio di una politica seria e la prova di questa serietà sarebbe che la Grecia continua a dissanguarsi. Varoufakis, che conosce l’economia meglio dei suoi colleghi dell’eurogruppo  come anche James Galbraith ricordava ieri in un’intervista  non è disponibile a proseguire lungo la strada che ha già portato l’economia greca alla rovina. Oltretutto il mandato elettorale che Siriza ha ricevuto dagli elettori era chiaro.

Per questo fa benissimo Varoufakis a non prendere sul serio l’eurogruppo. D’altra parte, se Tsipras cedesse, per esempio, sostituendo Varoufakis, sarebbe l’inizio della sua fine. Vorrebbe dire ammettere che non si puo sfidare l’Europa, anche quando essa pretende di imporre politiche sbagliate. Il problema si risolve a Berlino ed è li che debbono chiarirsi le idee.

Peccato che Italia e Francia, che sono, dopo la Germania, i due maggiori paesi dell’euro abbiano rinunciato ad avere un posizione su problemi (e sui crediti) che in fondo li riguardano da vicino. Da molto vicino.

 

di Giorgio La Malfa

Fonte: Il Mattino, 27 aprile 2015

Scritto da Redazione

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