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Dittatura militare e Piano Condor in Argentina. Il caso di tre giovani calabresi di San Basile

di Mario Occhinero*

L’espressione “desaparecidos” in spagnolo significa  letteralmente “scomparsi”.  Questo vocabolo, ormai infelicemente inteso internazionalmente, si riferisce alle persone che sono state arrestate per motivi politici, o anche soltanto accusate di avere compiuto attività “anti governativa” dagli organismi repressivi,  e delle quali si sono perse in seguito le tracce.

Il fenomeno della “desaparizione” di oppositori politici si è verificato in periodi diversi della storia e in diverse parti del mondo, dalla Spagna alla Turchia, dall’Indonesia allo Sri Lanka, dall’Algeria al Sahara Occidentale, così come nella maggior parte dei paesi Latinoamericani. Questo metodo di lotta al dissenso e di persecuzione degli oppositori, però, è stato progettato precedentemente dal nazismo, a partire del Decreto Notte e Nebbia di Hitler del 1941. Gli ideologi del nazismo sostenevano che con quel decreto si dava inizio ad una “innovazione basica” nell’organizzazione dello Stato: quella, per l’appunto, delle Sparizioni Forzate. Secondo parole testuali di Hitler, gli oppositori nei paesi occupati dovevano essere arrestati durante “la notte è la nebbia” e portati clandestinamente in Germania senza dare altre informazioni se non quella della loro detenzione.

Per quanto riguarda le dittature Latinoamericane della seconda metà del secolo scorso,  molte sono le caratteristiche che le accomunano da questo punto di vista, con alcune singolarità specifiche, tuttavia. In questo articolo ci interesseremo maggiormente all’Argentina e all’ Uruguay.  Inquadrando in tale contesto la vicenda di due italo-argentini, Hugo e Francisco, e di un italo-uruguaiano, Andrés.

In Argentina, i militari le tecniche naziste del terrorismo di Stato le avevano assimilate in primo luogo attraverso la scuola francese che era istallata come corpo docente e permanente nella Scuola Superiore di Guerra di Argentina dalla fine degli anni ’50 ,  – i francesi erano veterani di queste tecniche, perché  li avevano già utilizzate in Algeria-.   In seguito i militari argentiti –come quelli degli altri paesi latinoamericani –  tali  tecniche le hanno acquisite nella  Scuola delle Americhe una scuola militare statunitense che dal 1946 al 1984 ha avuto sede in Panamá, dove si sono diplomati più di 60.000 militari e poliziotti di 23 paesi dell’America Latina.  Molti di questi militari  sono diventati tristemente celebri per crimini contro l’umanità. Tra questi,  i generali Viola e Galtieri, per stare solo sull’Argentina. L’obiettivo principale della Scuola delle Americhe era quello di predisporre le nazioni latinoamericane a “cooperare” con gli Stati Uniti per mantenere un determinato equilibrio politico, contrastando l’influenza in aumento di organizzazioni popolari e di  movimenti sociali di sinistra. Questa attività avveniva nell’ambito internazionale della Guerra Fredda tra le potenze alleate e l’Unione Sovietica.  Vari corsi di addestramento nella  Scuola delle Americhe  includevano tecniche di contro insorgenza, operazioni di comando, guerra psicologica, e tecniche per interrogatori.  I manuali militari per questi corsi, allora confidenziali, sono stati declassificati e  pubblicati dal Pentagono nel 1996.

L’insorgere delle dittature nei Paesi dell’America Latina aveva creato un grande flusso di esiliati e rifugiati politici, che cercavano di ripararsi nei paesi limitrofi per sfuggire alle persecuzioni politiche. Nella seconda metà degli anni ’70 i regimi militari governavano in quasi tutti i paesi. Fu allora che venne ideata l’operazione CONDOR. Questa operazione consisteva in una stretta collaborazione fra i servizi segreti, i paramilitari e gli squadroni della morte dei paesi confinanti. A questo coordinamento repressivo  hanno aderito : Argentina, Brasile,  Paraguay, Uruguay, Cile, Bolivia ed infine Perù ed Ecuador. Si è creata cosi una “zona franca” in cui i militari potevano spostarsi liberamente per cercare i propri oppositori politici. I militari locali fornivano il loro appoggio nella ricerca, nel sequestro, nella tortura e nell’eliminazione silenziosa degli oppositori. La collaborazione permetteva un notevole scambio di informazioni fra i vari servizi segreti, finalizzata ad una durissima repressione nei rispettivi paesi. Succedeva anche che i prigionieri venivano trasferiti da un paese all’altro.  La CIA,  come è stato ora svelato, favorì gli incontri fra i vari agenti sudamericani, fornì addestramento, materiali per la tortura e finanziamenti. L’attività dell’operazione Condor portò anche all’eliminazione di politici rifugiati al di fuori dell’America Latina, Europa compresa. Orlando Letelier, ministro del governo di Salvador Allende destituito dal golpe, fu assassinato con un’autobomba il 21 settembre 1976, mentre si trovava in esilio a Washington. Bernardo Leighton, un politico democristiano cileno in esilio in Italia dopo il colpo di stato di Pinochet, fu gravemente ferito durante un attentato alla sua persona, il 5 ottobre 1976 a Roma. In questo contesto, tra il 1976 e il 1983, in Argentina, sotto il regime della Giunta militare, oltre alle migliaia di persone incarcerate, sono stati circa 2.300 gli omicidi politici e circa 30.000 la persone fatte sparire.

Il golpe in Argentina è avvenuto a 3 anni del golpe di Pinochet in Chile. Dall’esperienza cilena i generali argentini avevano imparato che la svolta autoritaria non doveva avere una cassa di risonanza nell’opinione pubblica internazionale. Le immagini del palazzo della Moneda con Allende asserragliato e dei detenuti ammassati negli stadi avevano fatto il giro del mondo, provocando una forte indignazione.  Un errore da non ripetere!  In Argentina i militari cominciarono pertanto  a prendere le redini del paese nel novembre 1974, costringendo il governo a decretare lo stato di assedio e quindi la sospensione di tutte le garanzie costituzionali,  dopo un attentato che provocò la morte del capo della Polizia.  A metà agosto 1975 una sommossa obbligò la  Presidente Isabel Perón a mandare in pensione il comandante dell’Esercito, che era considerato troppo moderato. Al suo posto venne nominato il generale Videla.  A settembre,  i militari ottennero  la formazione di un Consiglio interno di sicurezza per tutto ciò che riguardava la lotta antisovversiva. A  novembre, infine, si assicurarono ufficialmente il comando delle azioni contro i “delinquenti sovversivi”.  Per Videla “un terrorista non era solo colui che tirava una bomba o possedeva una pistola, ma anche colui che diffondeva” idee contrarie alla civiltà cristiana occidentale.”

A questo punto occorre chiarire cosa si intendesse per “sovversione”  e per “idee contrarie alla civiltà cristiana occidentale”.  La svolta autoritaria in America Latina fu finalizzata ad imporre il modello economico neo-liberista, dettato dal F.M.I.   Il risultato fu che dallo  smantellamento dello stato sociale e dalle misure economiche impopolari  beneficiarono soltanto alcuni privati interessi locali ed internazionali.  Nel caso argentino  emblematica è la lettera aperta dello scrittore  Rodolfo Walsh, che nel primo anniversario del golpe scriveva quanto segue: “…dettata dal Fondo Monetario Internazionale secondo una ricetta che si applica indistintamente allo Zaire o al Cile, all’Uruguay o all’Indonesia, la politica di questa Giunta riconosce come unica beneficiaria la vecchia oligarchia del bestiame, la nuova oligarchia speculatrice e un gruppo selezionato di monopoli internazionali capeggiati dalla ITT, la Esso, l’industria automobilistica, la U.S. Steel, la Siemens, ai quali sono legati personalmente il ministro Martínez de Hoz e tutti i membri del vostro governo. Privatizzando le banche avete messo i risparmi e il credito nazionale nelle mani delle banche straniere, indennizzando la ITT e la Siemens avete premiato le imprese che hanno truffato lo Stato, restituendo le stazioni di servizio avete aumentato i profitti della Shell e della Esso, abbassando le tariffe doganali avete creato posti di lavoro a Hong Kong o a Singapore e disoccupazione in Argentina. Considerando nell’insieme questi fatti occorre chiedersi chi sono i senza patria dei comunicati ufficiali, dove sono i mercenari al servizio degli interessi stranieri, qual è l’ideologia che minaccia la nazione…”.  Soltanto un giorno dopo avere scritto questa lettera, l’intellettuale venne ucciso. Per i militari, era sovversivo manifestare  la verità.

II 24 marzo 1976 è stato  il giorno del golpe. Quel giorno il potere passò ai militari senza nessun incidente.  Furono sospese le attività dei partiti politici e dei sindacati, ma si fece sapere che queste erano misure transitorie e che la Giunta militare aveva, paradossalmente, come obiettivo il “rafforzamento della struttura democratica del paese”.  La reazione internazionale fu debole, quasi inesistente.  E arrivò troppo tardi.  La Giunta militare volle eliminare tutti i suoi nemici, senza che si diffondesse la coscienza di tale annientamento. Fu inventata una strategia nuova: niente arresti di massa,  niente carceri, niente fucilazioni né assassinii clamorosi come quelli della Triple A.  Gli oppositori sarebbero stati sequestrati da gruppi non identificati, caricati su vetture senza targa e fatti scomparire. Il Generale Ibérico Saint Jean, governatore di Buenos Aires nel 1977 indicava la  procedura: “Prima uccideremo tutti i sovversivi, poi uccideremo i loro collaboratori, dopo i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e alla fine i timidi.”

Ha avuto così inizio, lentamente, il più grande assassinio di massa della storia argentina.  I sequestri sempre più frequenti, si ripetevano incessantemente secondo le stesse modalità. Vi era una struttura centrale che li coordinava. Le operazioni venivano compiute nei posti di lavoro delle persone segnalate, o per strada in pieno giorno, mediante un piano che richiedeva la “zona franca” da parte delle forze di Polizia.  Le loro volanti, nonostante fossero presenti un po’ dappertutto, non videro mai niente, anche quando i sequestri si consumavano a poca distanza dal commissariato.  Ma la stragrande maggioranza dei sequestri avveniva di notte, in casa delle vittime. Il commando occupava la zona circostante ed entrava nelle case facendo uso della forza. Terrorizzava e imbavagliava perfino i bambini, obbligandoli a essere presenti. La vittima veniva catturata, brutalmente colpita e incappucciata, poi trascinata fino alle macchine che aspettavano, mentre il resto del gruppo rubava tutto quello che poteva (in alcuni casi arrivavano perfino con dei camion) o distruggeva quello che non poteva portarsi via, picchiando e minacciando il resto della famiglia. Anche nei casi in cui i vicini o i parenti riuscivano a dare l’allarme, la Polizia non arrivava mai. Si incominciò così a capire l’inutilità di sporgere denuncia. La maggioranza della popolazione era terrorizzata perché non  si sapeva chi denunciare e non era nemmeno facile trovare testimoni.   Nessuno aveva visto nulla. I sequestrati erano quindi portati in uno dei 340 centri di detenzione clandestini. Questi erano diretti da alti ufficiali delle Forze Armate o delle Forze di Sicurezza. I detenuti erano mantenuti in condizioni disumane e sottoposti ad ogni tipo di tormenti  ed umiliazioni. Le testimonianze sull’uso esteso delle torture in questi centri, e le prove del sadismo degli aguzzini, sono terribili.  Ci asteniamo volutamente di abbondare in dettagli e particolari, aggiungendo solo che le sevizie comprendevano anche scariche elettriche ad alto voltaggio nelle parti delicate del corpo, ustioni alle ferite, rottura di alcune ossa del corpo, ferimento dei piedi con spille, immersione del viso in escrementi fino al soffocamento, stupri e pestaggi. I torturati venivano spesso appesi anche a testa in giù per un tempo indefinito. Accanto alle torture di carattere fisico, venivano applicate alle persone sottoposte a custodia, anche tecniche coercitive di natura psicologica, quali lunghi periodi di detenzione costantemente bendati ed inconsapevolezza della propria sorte. Molti sono stati quelli gettati in mare, direttamente dagli aerei in volo ancora vivi e sotto l’effetto di sostanze sedative, oppure uccisi nei centri di detenzione facendo poi sparire i cadaveri.  Altri sono stati  prelevati ancora vivi da queste carceri clandestine e poi uccisi simulando scontri a fuoco o tentativi di fuga.

Un altro fenomeno è stato  quello delle donne sequestrate mentre si trovavano in gravidanza,  oppure rimaste incinte a seguito delle violenze subite nei centri di detenzione. Molte di queste donne partorirono mentre erano detenute, altre furono uccise ed i figli furono illegalmente affidati in adozione a famiglie di militari o poliziotti.

Nel 1978, mentre nelle carceri clandestine di Buenos Aires operano gli aguzzini, in superficie la città accoglieva i capi stranieri per i mondiali di calcio. Le madri che non avevano avuto più notizie dai figli rapiti, per protesta e disperazione, cominciarono a radunarsi ogni giovedì a Plaza de Mayo. Il regime spiegava ai turisti e ai giornalisti di tutto il mondo che si trattava solo di “vecchie pazze”. Ed è proprio nel periodo precedente e successivo ai campionati mondiali di calcio che la repressione toccò il suo culmine e con essa il numero dei rapimenti e degli assassinii.

I giovani calabresi di cui dicevamo più indietro sono scomparsi proprio in quel periodo.  Andrés Humberto Bellizzi scompare il 19 aprile del 1977. Era nato  in Uruguay,  dove risiedevano i suoi genitori, entrambi di San Basile (CS), ma si era trasferito in Argentina dopo dell’avvento della dittatura in Uruguay. Di professione era un grafico pubblicitario, era attivo per il ripristino della democrazia nel suo paese. Si presume sia stato portato in uno dei centri clandestini di detenzione dove ad interrogare i detenuti erano gli ufficiali dell’esercito uruguaiano. Nel Processo Condor di Roma il suo caso è stato archiviato prima di giungere a sentenza, per il decesso dell’unico imputato, il generale e agente segreto cileno Manuel Contreras. Hugo Alberto Scutari Bellizzi, nato in Argentina, figlio di padre di Frascineto (CS) e madre di San Basile (CS), venne sequestrato il 5 agosto 1977,  lo stesso giorno della sua compagna Delia Barrera. Era impiegato di banca e delegato sindacale. Ancora oggi risulta “scomparso”, mentre la compagna è stata liberata dopo alcuni mesi. Il giorno prima del “trasferimento finale”, Hugo chiese a Delia di “essere forte e di non dimenticarlo”.

Francisco Genaro Scutari Bellizzi, (fratello di Hugo), nato in Argentina, figlio di padre di Frascineto (CS) e madre di San Basile (CS) venne sequestrato il 18 ottobre 1978 ed anche lui risulta ancora ufficialmente “scomparso”.  Una sopravvissuta, detenuta nel Centro di Detenzione El Olimpo, raccontò che Francisco fu portato lì ma non seppe dire se vi fosse arrivato vivo o morto. Francisco coniugava gli studi universitari in fisica e matematica con il lavoro e la militanza politica. Da ricordare che per 10 giorni nello stesso campo di detenzione, nello stesso periodo, furono sequestrati anche entrambi i genitori ed il fratello minore Horacio Mario.

Anche in Uruguay la dittatura militare, che era cominciata 3 anni prima, il 27 giugno del 1973, si è macchiata degli stessi crimini di lesa umanità.  Un piccolo paese con una popolazione di 3 milioni di abitanti ha avuto oltre 15.000 prigionieri politici e qualche centinaio di persone desaparecidos.  La singolarità  è che circa due terzi sono scomparsi in Argentina,  sequestrati nei centri di detenzione e alcuni poi  trasferiti in Uruguay.

Dopo del ritorno della Democrazia negli anni 80, molti sono stati gli ostacoli posti alle naturali aspirazioni di giustizia per i crimini di lesa umanità.  In Argentina, nel primo governo dopo la dittatura, quello di Raul Alfonsin, vennero approvate due leggi che determinarono  la paralisi dei processi contro i militari.  Queste  leggi sono conosciute come la legge di Punto Finale e la Legge di Ubbidienza dovuta.  Con queste leggi rimanevano in carcere solo i vertici della dittatura. Nel successivo governo, quello di Menem nel 1990, per quest’ultimi arrivò addirittura l’indulto. É soltanto negli  anni più recenti,  durante i governi Kirchner, che verranno abrogate quelle leggi.  Nel 2003 e nel 2006 la Giustizia argentina dichiara incostituzionali gli indulti di Menem del 1990. In Uruguay, invece, durante il primo governo dopo la dittatura, nel 1986, il parlamento con i voti dei 2 partiti di centrodestra,  approverà la legge di  “decadenza della pretensione punitiva dello stato per i crimini della dittatura”. In pratica, il potere giudiziario per procedere doveva chiedere l’autorizzazione al potere esecutivo.  Nessun governo dei partiti di centro destra (né Colorado né  Blanco) autorizzò mai a procedere per nessun caso. Soltanto dal 2005, con il primo governo di centro sinistra della storia, con il Frente Amplio al governo, si autorizzerà la magistratura a dare corso alle investigazioni e con il secondo governo del Frente Amplio si annullerà definitivamente la legge dell’impunità nel 2011.

Come si evince, non sono argomenti superati nonostante gli anni  trascorsi. Solo ora in entrambi i paesi la giustizia può avere libero corso. In passato sono stati fondamentali alcuni processi che si sono svolti all’estero, anche in Italia, che hanno portato a sentenze di condanne per militari coinvolti nella desaparizione di cittadini italiani.

Il ricordo delle vittime del terrorismo di stato implica un’ impegno per tutti noi, continuare i loro sogni, la loro ricerca di un mondo migliore, perché il mondo lo si può sempre rendere migliore, anche se a volte  sembra il contrario. La ricerca della giustizia sociale, lo stato di diritto, le libertà, sono valori che non solo debbono essere coltivati ma anche tramandati. La ricerca della Verità e della Giustizia non deve essere – e non è – un’esclusiva delle famiglie, ma dell’umanità.

*Associazione 24 Marzo Onlus

Scritto da Redazione

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