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“Calcio, carogne e gattopardi” dal paragrafo Brasile, la Copa contestata

Il Brasile e la Germania, una semifinale dei Mondiali di calcio e un diverso modo di intendere la vita. Il controllo sociale che il “sistema” esercita attraverso il calcio è la chiave di lettura del nuovo libro di Stefano Santachiara, da pochi giorni acquistabile in versione e-book. Per sistema si intende il potere in tutte le sue forme, anche quella della cancelliera tedesca Merkel, espressione delle tecnocrazie liberiste cui l’Italia di Matteo Renzi è subalterna, o quella della Fifa, delle tv e dei grandi marchi che hanno imposto al Brasile i campionati del mondo e i loro business. Santachiara affronta, con l’ausilio di autorevoli sociologi, le ragioni e gli effetti della straordinaria diffusione del calcio, adoperato in momenti cruciali della storia come arma di dispersione di massa, e analizza in modo organico le complessità della società contemporanea.

Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo un estratto di “Calcio, carogne e gattopardi” dal paragrafo Brasile, la Copa contestata:

“Per la prima volta i Mondiali sono stati oggetto di contestazioni sociali. Approfittando dell’attenzione mediatica, alcune fasce della popolazione brasiliana  si sono ribellate alla Copa. Studenti, lavoratori e movimenti come quello dei rurali Sem Terra hanno chiesto che le risorse utilizzate per il calcio fossero destinate ai più deboli, al miglioramento di scuole e ospedali carenti. Secondo le previsioni del governo di Dilma Rousseff, continuatrice delle politiche sociali di Ignacio Lula con il Partito dei Lavoratori (Pt), ci saranno effetti positivi non solo per il turismo e per gli impieghi a termine, ma anche per l’uso post-mondiale delle strutture. Di certo le tensioni sociali erano iniziate in modo disomogeneo nel marzo 2013 contro l’aumento dei prezzi di trasporti pubblici, cibo e immobili. In seguito si sono estese alla Confederations Cup di luglio, vinta dal Brasile in finale contro la Spagna.  Ancora nel 2014 scioperi dei trasporti hanno paralizzato Rio de Janeiro a San Paolo, si sono verificati violenti scontri tra black bloc e forze di polizia che non hanno esitato a caricare i manifestanti e a sparare proiettili di gomma. Per il Mondiale il Brasile ha schierato almeno 150mila agenti oltre a 25mila guardie private che alcuni governatori utilizzavano già nei rispettivi Stati. Nel giro di due anni migliaia di brasiliani sono stati espropriati per pochi spiccioli e sfrattati, con l’uso di lacrimogeni, al fine di costruire stazioni di autobus e per “ripulire” i luoghi del calcio e dei turisti. Nella sola Rio, dove nel 2016 si celebreranno anche le Olimpiadi, sono state sfollate almeno 4mila persone per far spazio ai nuovi impianti dei Mondiali (…)

Le polemiche su corruttele e violenze sono cavalcate dalla destra brasiliana in vista delle Presidenziali di ottobre 2014 contro la presidente della Repubblica Dilma Rousseff.  Alla vigilia del Mondiale Eric Nepomuceno, corrispondente da Rio per il quotidiano “Pàgina 12”, sottolineava: ” Un conglomerato di mezzi d’informazione si preoccupa di nascondere gli aspetti positivi e si concentra sui fallimenti dell’esecutivo. Siamo davanti alla formula quasi perfetta per creare un clima di confusione generale”.[1]  Allo stesso tempo è cresciuto il fenomeno delle incursioni digitali illegali, finalizzate allo spionaggio industriale e politico. A poche ore dalla prima partita del campionato del mondo sono stati violati ben 55 account email della diplomazia brasiliana. Gli hacker sono ascrivibili solo in parte al collettivo antagonista Anonymous, sempre pronto a sfruttare il risalto mediatico offerto dai grandi eventi per portare avanti le battaglie sociali. Il report di “Tiger Security” paventa “il rischio di strumentalizzazione politica delle proteste e delle relative offensive digitali, sia quelle mirate alla negazione dei servizi internet che quelle, decisamente più pericolose, orientate alla cattura di informazioni riservate e sensibili dei protagonisti del panorama politico ed istituzionale brasiliano (…)”

Il Brasile è una società composita e complessa, coacervo di popoli che hanno conquistato molto tardi la libertà e la democrazia. Già prostrato da quattro secoli di colonizzazione il paese sudamericano ha vissuto altri ventuno anni di dittatura fascista[2] che si è congedata senza rivolte sociali, nel 1985, dopo una transizione che ha visto il lento rientro degli oppositori dall’esilio e un’ autoassoluzione generale. La stessa Dilma Rousseff, giovane attivista di sinistra, fu imprigionata per 22 giorni e torturata. La Repubblica presidenziale è organizzata con una struttura federale, che garantisce grande autonomia decisionale ai 26 Stati, diversi per tenore di vita, costumi, livelli di emancipazione. Le direttive in materia di educazione restano emanazione del centro mentre altre, come la sanità, sono di competenza dei governatori, espressione di forze politiche diverse. Sullo sfondo si staglia la pressione delle multinazionali e della religione, in particolare degli evangelici, predicatori che hanno forte influenza nelle università, gestiscono la tv Record e si impegnano in politica. Seppur gradualmente, il Brasile è progredito in virtù delle policies del Partito dei lavoratori inaugurate nel 2002 dall’ex sindacalista Ignacio Lula. I rapporti delle Nazioni Unite confermano l’importanza di Bolsa Familia[3] e Minha casa minha vida[4], programmi governativi che attraverso un sostegno economico diretto e la creazione di alloggi popolari hanno permesso a milioni di persone di uscire dalle condizioni di miseria. Nel 1990 il 13,4% della popolazione viveva con meno di 70 reais al mese, considerato il limite di estrema povertà dall’Onu, nel 2011 il livello è sceso al 3,6%. La mortalità infantile è diminuita grazie al programma Saúde da Família e Saúde Indígena[5]: dai 53,7 morti per mille nati vivi del 1990, il dato è calato al 17,7% nel 2011.[6] La lotta all’analfabetismo diffuso è stata combattuta con la fondazione di scuole e università in luoghi completamente abbandonati, ad esempio nello Stato di Bahia. In sostanza, la situazione è talmente migliorata che la presidente Dilma Rousseff ha potuto dichiarare: “Il Brasile è cambiato, molte persone sono entrate a far parte della classe media. Tra il 2006 e il 2013 il numero dei passeggeri per anno solo nell’aeroporto di Galeão, a Rio de Janeiro è passato da 9 milioni a 13 milioni”.[7]

Le favelas, simbolo della disperazione e della violenza brasiliana, in alcuni casi sono state ribattezzate comunidades per indicare lo spirito di solidarietà degli abitanti e l’evoluzione sociale. Le bande locali, lo sfruttamento delle ragazze e lo spaccio di droga non sono stati debellati ma le baracche non sono più malsane come negli anni ’80. Il governo ha promosso la distribuzione capillare dell’acqua e la vendita di luce elettrica a basso costo. All’ombra dei grattaceli di Rio de Janeiro, vive nelle comunidades circa il 20% della popolazione, soprattutto lavoratori precari e sottoproletari. Nell’altra megalopoli di San Paolo risiede la metà della folta comunità italiana in Brasile, la più numerosa all’estero. I nostri connazionali, o discendenti di italiani che vivono nel paese sudamericano, sono 30 milioni, circa il 15% del totale del Brasile.[8] L’evento del Mondiale è seguito nei palazzi e nelle comunidades che faticano a trovare i reais per il pane ma hanno montato i collegamenti satellitari. Calamitati come miliardi di spettatori tramite tv, portatili e tablet. In quest’ultimo paradosso del “miracolo brasiliano” si riflette il paradigma dello sport interclassista per eccellenza, il calcio (…)

di Stefano Santachiara

 

Altri temi del saggio sono riassunti nella sinossi: http://stefanosantachiara2.wordpress.com/2014/07/02/calcio-carogne-e-gattopardi/

Il libro, uscito solo in formato e-book, è acquistabile su Amazon: http://www.amazon.it/Calcio-carogne-gattopardi-finanziario-Berlusconi-ebook/dp/B00LHVJR78/



[1] Eric Nepomuceno, La festa tanto attesa, “Pàgina 12”, pubblicato su “L’Internazionale” del 6 giugno 2014

[2] Il governo del presidente João Goulart è stato destituito il 13 marzo del 1964 dalle forze armate, sostenute dall’Operazione Condor, il piano concordato tra gli Stati Uniti e le dittature latinoamericane per reprimere le forze progressiste

[3] Fame Zero

[4] Mia casa, mia vita

[5] Salute della famiglia, salute del neonato

[6] Rapporto sugli obbiettivi di evoluzione del millennio (Objetivos de Desenvolvimento do Milênio) delle Nazioni Unite

[7] Dichiarazione del presidente del Brasile Dilma Rousseff, conferenza stampa del 2 aprile 2014

[8] L’ultima stima disponibile, approssimativa perché il censimento brasiliano non prevede la distinzione tra le nazionalità straniere presenti, è riportata dall’Ambasciata italiana in Brasile nel 2013

Scritto da Redazione

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