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“I panni sporchi della sinistra”

Pubblichiamo un estratto del libro “I panni sporchi della sinistra” edito da Chiarelettere, in libreria dal 14 novembre.

Il comportamento di Vendola e del Pd sullo scandalo Ilva:

 (…) Dall’inchiesta della guardia di finanza emergono le protezioni politiche dei vertici della Provincia targata Pd. Il 15 maggio 2013 il gip Todisco dispone gli arresti del presidente Giovanni Florido e dell’ex assessore all’Ambiente Michele Conserva per concussione:

sono accusati di pressioni e minacce di licenziamento al dirigente del settore Ecologia Luigi Romandini che non firmò l’autorizzazione alla discarica di rifiuti speciali necessaria all’Ilva per ottenere l’Aia. Il sindaco di Taranto Ippazio Stefano di Sel, invece, ha ritardato il referendum consultivo sulla chiusura dell’area a caldo proposto dall’associazione Taranto Futura.

Il grande manovratore era Girolamo Archinà, incaricato delle relazioni esterne dell’Ilva che Emilio Riva definisce, in una telefonata intercettata, il «maestro degli insabbiamenti».

Archinà è accusato di pressioni su ispettori e rappresentanti di Arpa, Regione, ministero dell’Ambiente e sui giornali. I signori del metallo potevano contare su teste di ponte anche in parlamento, per quanto nessuno sia coinvolto nell’inchiesta.

Il deputato democratico Ludovico Vico era stato invitato dal factotum dell’Ilva a proporre una legge per modificare il reato di getto pericoloso di cose. Vico raccolse anche le rimostranze di Emilio Riva per il comportamento del senatore Pd Roberto Della Seta che si ostinava a preoccuparsi per la salute dei tarantini, chiedendo al governo di anticipare l’introduzione dei limiti sul benzoapirene.

Nel gennaio del 2010 sulla email di Archinà è stato intercettato il file di una lettera a firma del patron del colosso siderurgico destinata (ma non spedita) a Pier Luigi Bersani: «Mi rivolgo a Lei per un episodio di cui è stato protagonista il senatore Della Seta che mi ha sconcertato […]. Scusi lo sfogo, ma proprio per quello che negli anni di reciproca conoscenza ha potuto constatare sulla mia azienda, confido che saprà comprenderlo». Della Seta, sul punto, assicura di non essere mai stato contattato da Bersani. Tuttavia, alle Politiche del 2013, Della Seta è stato escluso, mentre è arrivata la ricandidatura del deputato che dialoga coi Riva, Ludovico Vico.

Sull’utenza di Girolamo Archinà è registrata anche la voce di Nichi Vendola. Il gip attribuisce al presidente della Regione, benché non indagato, pressioni nei confronti del direttore dell’Arpa Giorgio Assennato. Il 22 giugno 2010 l’addetto alle pubbliche relazioni dell’Ilva, preoccupato per un nuovo report negativo sull’inquinamento, ha scritto a Fabio Riva per informarlo di un incontro con il governatore. Riassume il gip Todisco: «Comunicava che il presidente Vendola si era fortemente adirato con i vertici dell’Arpa Puglia, cioè il direttore scientifico

Blonda e il direttore generale Assennato, sostenendo che loro non dovevano assolutamente attaccare l’Ilva di Taranto; piuttosto avrebbero dovuto stanare Enel ed Eni che cercavano di aizzare la piazza contro l’Ilva». Il 23 giugno Assennato ha chiamato Archinà: «Girolamo, sono molto incazzato! La dovete smettere di fare così […]. Andare dal presidente e dire che siete vittima di una persecuzione dell’Arpa […]. Vendola questa mattina ha convocato Massimo Blonda… vi siete trovati di fronte a persone senza palle».

Nell’intercettazione del 6 luglio 2010 Archinà si lamenta con Vendola del direttore generale dell’Arpa:

Archinà: «Purtroppo i miei timori del recente passato si stanno dimostrando sempre di più… e sempre di più non solo l’Ilva ma anche… altre persone sono nell’occhio del ciclone… ma tutto poggiato su una scivolata del nostro stimato amico direttore [Assennato, nda]».

Vendola: «Vabbè, noi dobbiamo fare… ognuno fa la sua parte…e dobbiamo però sapere che… a prescindere da tutti i procedimenti…le cose… le iniziative… l’Ilva è una realtà produttiva cui non possiamo rinunciare, e quindi… diciamo… fermo restando tutto dobbiamo vederci… dobbiamo… ridare garanzie… volevo dirglielo perché poteva chiamare Riva e dirgli che… il presidente non si è defilato».

Significativo il fatto che il governatore Nichi Vendola intrattenesse rapporti conviviali con diversi magistrati:

(…)

Nel novembre del 2012 il Csm, su richiesta dei consiglieri di Area, apre un procedimento disciplinare per valutare il trasferimento di Digeronimo per incompatibilità ambientale. La decisione arriva quando la pm e il coassegnatario Francesco Bretone, informati sui rapporti di amicizia tra la sorella di Nichi Vendola e il gip Susanna De Felice che l’ha assolto, si rivolgono agli organi competenti. O meglio: quando la lettera, spedita in via riservata ai capi degli uffici della Procura di Bari e della Procura generale presso la Corte d’appello, finisce sulle pagine de ≪la Repubblica≫.

A quel punto la De Felice dichiara di aver sottoposto al capo dell’ufficio gip Antonio Diella il problema di alcune cene con Patrizia Vendola e di aver ricevuto dal superiore l’invito a non astenersi quando si e trovata a trattare il caso. Ben 26 magistrati firmano un documento per definire ≪irrituale≫ la missiva di Bretone e Digeronimo, ricordando che avrebbero potuto chiedere la ricusazione prima della sentenza. Tuttavia risulta ancora più irrituale, oltre alla divulgazione mediatica della lettera, la richiesta orale di Susanna De Felice al capo della sezione gip, giacchè la domanda di astensione prevede un’istanza formale al presidente del tribunale. A pochi giorni dalle Politiche del 2013 ≪Panorama≫ pubblica la foto di un pranzo dell’aprile del 2006, in un ristorante di Fasano, con Nichi Vendola e sei sorridenti magistrati: i pm baresi Gianrico Carofiglio, Francesca Pirrelli e Teresa Iodice, il giudice del Tribunale civile di Trani Emma Manzionna, Susanna De Felice e il fidanzato Achille Bianchi, all’epoca pm di Trani. Non ci sono prove che questa frequentazione abbia influenzato la sentenza di assoluzione di sei anni dopo, ma l’effetto della foto è dirompente.

Nessuno comunque batte ciglio. Al contrario, in luglio Desirèe Digeronimo viene trasferita dal Csm a Roma, sede indicata da lei stessa per ovviare preventivamente a una ≪situazione di incompatibilità ≫. Non saranno dunque discusse le accuse nei confronti della pm, anche queste decisamente irrituali: dai rapporti con la dottoressa amica della Cosentino a un lungo elenco di presunti ≪contrasti coi colleghi≫. In sostanza, in Puglia, l’unico magistrato incompatibile con l’ambiente circostante e quello che ha indagato sui potenti della sinistra.

di Redazione 

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